
Le luminarie, il carretto del gelataio, le bancarelle colme di dolci e caramelle di mille colori, lo zucchero filato, il torrone e l’odore delle mandorle mentre venivano caramellate suscitavano in noi ragazzini un entusiasmo quasi incontenibile.

A completare questi festosi momenti la banda musicale, la quale spesso doveva affrontare parecchi chilometri per arrivare fin da noi. Era usanza naturale che ogni “musicandi” venisse adottato da una famiglia, ossia ogni componente della banda era invitato a pranzo e cena per i giorni di permanenza in paese, l’ospitalità era una prerogativa naturale diffusa nei paesi del Cilento e non si limitava solo ai giorni di festa.
Poche erano le case provviste di telefono e l’unico modo per comunicare era recarsi di persona presso la famiglia interessata, quindi spesso capitava di bussare alla porta mentre questa si apprestava o era già a tavola per la cena. Il visitatore veniva accolto con l’invito a sedersi per un piatto di minestra, se ancora non AVESSE cenato, o quantomeno un bicchiere di vino, se l’AVESSE già fatto.
Secondo quanto si racconta non proprio tutti i paesi erano inclini a questa tradizione, si dice che in uno di questi, al visitatore di turno prima di essere invitato era posta una domanda :
“Aviti mangiatu?” e secondo la risposta si sentiva dire: rispondendo “Si” - “Si no mangiaviti cu nui” invece rispondendo “No” - “Si no vi faciviti nu bicchieri ri vinu”
molto interessante con un lavoro ben organizzato e che ha dato ottimi risultati e quando uno si dedica al Cilento che amo come la famiglia non si può che ammirare complimentarsi e rimanere affascinato delle nostre tradizioni che in modo diverso anche io ho cercato di immortalare e diffondere.
Grazie Elia. Ricevere dei complimenti è sempre cosa gradita, ma riceverli da un personaggio di tale caratura, a parte la malattia per il Cilento, è ancora più entusiasmante.