Una volta, nei boschi del Cilento, viveva un taglialegna con sua figlia.
La loro capanna si trovava immersa in un paesaggio vivo di un lussureggiante verde, di terreni dolcemente ondulati, il cui fluttuare era interrotto solo all’orizzonte dallo specchio del mare , sempre avido di irreali riflessi.
Per raggiungerla era necessario percorrere chilometri di sentieri che si snodavano in un mare di felci, incontrando sul cammino antiche Querce, ora solitarie, ora in compagnia di Aceri, Lecci , Olmi, e distese di Castagni.
Lungo quei sentieri, qualsiasi manifestazione umana sembrava scomparire, mano a mano, che il viandante veniva inghiottito da quel mondo così affascinante dalle sue indescrivibili tinte, che, soprattutto, dopo l’Inverno assumevano il tono della festa, ricordando l’esplosione di colori della tavolozza di un pittore.
Un inestricabile e maestoso groviglio di verde, regno incontrastato di cinghiali, volpi, faine, martore, talpe e lepri; ed ancora, volteggiando tra gli alberi, beccacce, gazze, merli, tordi, barbagianni e civette.
Nei pressi dei torrenti, percorsi da un’acqua limpida, era possibile ammirare rocce bianche o bizzarramente striate, cinte da felci ed adorne di splendidi fiori variopinti.
Come sottofondo il ronzio degli insetti, lo scorrere dell’acqua, il fruscio degli uccelli ed il respiro del fortunato visitatore.
Il tutto avvolto da un’aria fredda, pungente.
Uno spettacolo replicato all’infinito dalla natura, dinanzi al quale, neanche l’animo più arido poteva esimersi dal sognare.
La bellezza dei luoghi era l’unico aspetto piacevole della loro vita miserevole.
Erano molto poveri.
Per sopravvivere si recavano nei paesi vicini per vendere un po’di legna ed utensili per la cucina.
Venivano pagati con i “fichi bianchi” del Cilentoessiccati o cotti al forno oppure con un litro d’olio.
I fichi secchi erano una ricchezza per i Cilentani. Rappresentando una fonte alimentare straordinaria – sfamavano e costavano poco- tanto da meritarsi l’appellativo di: “pane dei poveri”.
Una sera il boscaiolo scese al paese e seppe che il Re era alla ricerca di oggetti molto antichi e che li avrebbe pagati a caro prezzo.
Il giorno dopo, il boscaiolo si mise in giro ed in una “Casedda”diruta (casa di campagna) trovò un “mortale” (mortaio).
Tutto contento andò dalla figlia e glielo mostrò dicendo: “Adesso siamo ricchi. Guarda cosa ho trovato?”.
La figlia, però, replicò: “ Padre non vale niente. Vedi che non è completo. Ci manca il “pisaturo” (pestello).
Il padre non volle ascoltare il parere della figlia ed andò lo stesso dal Re.
Non appena fu al cospetto del sovrano, disse tutto fiero: “ Maestà, guardate cosa ho trovato!”.
Il Re disse: “Non vale niente, perché non è completo”.
Il boscaiolo, mortificato, aggiunse: “ Me lo aveva detto pure mia figlia, ma io non le ho creduto”.
“Hai una figlia che ti consiglia? – chiese il Re – allora dille di venire qua all’alba di domenica, né a piedi né a cavallo, né nuda e né vestita, né digiuna e né sazia. Io la sposerò entro otto giorni”.
Il boscaiolo ritornò a casa e riferì alla figlia quanto gli aveva proposto il Re, ma si rammaricava, pensando all’assurdità della proposta.
Tuttavia la figlia lo tranquillizzò dicendogli di non preoccuparsi.
La ragazza prese con sé una capra, un velo e una castagna. Mise un piede sulla capra e un altro a terra (così non stava né a piedi né a cavallo), mise il velo per vestito ( così non era vestita ma nemmeno nuda) e mise in bocca la castagna (non aveva mangiato, ma non era nemmeno digiuna).
All’alba si presentò dal Re, il quale nel vederla, fu costretto ad ammettere: “ Sei molto intelligente, hai superato la prova ed io onorando la parola data, ti sposo subito, a patto che tu non interferisca mai nelle mie cose. Nel mio Regno, vige una legge: soltanto gli uomini prendono decisioni, le donne e i bambini debbono solamente ubbidire. Nessuna donna, meno che meno una contadina, potrà mai dire ad un Re cosa fare!”.
Lei accettò e si sposarono.
Trascorse qualche mese.
Tutto andava bene, finché un giorno, un vecchietto che aveva un asina incinta, andò al mercato per vendere l’animale.
Una volta giunti al mercato, accadde che l’asina partorisse sotto un carretto.
Il padrone del carretto disse al vecchietto : “L’asinello è mio, perché è nato sotto il mio carretto”.
Il vecchietto iniziò a disperarsi, sino a scoppiare a piangere.
Non riuscendo da soli a giungere ad un accordo, decisero di recarsi al cospetto dal Re, riferirgli il fatto e far dirimere a lui la controversia.
Il Re, dopo aver ascoltato l’accaduto, diede ragione al padrone del carretto, gettando il vecchietto nello sconforto più cupo.
La Regina impietosita dalle sue lacrime, si avvicinò e gli disse: “ Vai dal Re e digli: – Quando mai le carrette hanno partorito figli!”.
Il vecchietto così fece.
Il Re dopo averlo ascoltato, disse subito arrabbiato: “Questo non è un tuo pensiero, queste sono parole di mia moglie!”.
La fece chiamare e le disse: “ Vattene immediatamente da Palazzo, perché non hai rispettato i nostri patti: non dovevi mai proferire giudizi sulle mie decisioni!”.
La Regina replicò: “ Va bene, se questa è la tua volontà, me ne vado, però come ultimo desiderio ti chiedo di pranzare insieme ”.
Il Re acconsentì e le disse: “ Dopo aver mangiato, prendi la cosa più preziosa del palazzo e vattene per sempre”.
La Regina, approfittando di un momento di confusione, mise un sonnifero nel piatto del Re e questi si addormentò.
Non appena si svegliò, il Re chiese: “ Dove mi trovo? Cos’è questo tugurio? Avevo ordinato che ritornassi tu alla vecchia capanna nel bosco”.
La Regina disse: “Sua maestà, mi avete detto di prendere la cosa più preziosa del palazzo e andarmene. Ditemi un po’, chi è più prezioso di voi?”.
Il Re rimase particolarmente colpito da questa dichiarazione e rispose: “ Ho capito che le regole del mio Regno sono sbagliate, vanno riscritte: uomini e donne debbono decidere insieme. Da oggi, le donne sposate, le fanciulle e anche i bambini avranno il diritto di parlare liberamente e dire il proprio pensiero su qualsiasi argomento senza aver paura di essere puniti…..i miei possedimenti non saranno più il Regno degli uomini….ma il Regno delle Famiglie”.
Tra la gioia generale, ritornarono al Palazzo e d’allora, vissero felici e contenti.